La Canna da zucchero nel bicchiere

Il rum affonda le radici nel periodo delle grandi scoperte navali del Cinquecento e furono proprio gli europei, durante i lunghi viaggi commerciali con le Americhe, che si accorsero della grande ricchezza dei terreni al di là dell’oceano. Gli olandesi, per necessità e spirito commerciale, furono i primi a coltivare la canna da zucchero nei Caraibi iniziando così la storia di quello che oggi è uno dei distillati più bevuti al mondo. Veloce è il salto agli anni Novanta, anni del progresso economico e l’inizio del sogno caraibico per molti. La mano europea si allunga alla ricerca dei prodotti esotici, i mercati si riempiono di frutta mai vista e condimenti orientali, e nel periodo della ‘Milano da bere’ si insinua il rum, nelle più classiche rappresentazioni che ne faranno la sua fortuna: il Cuba Libre e il Mojito. Ognuno con la propria ricetta e tutti con una propria storia su Hemingway da raccontare e – merito delle grandi aziende che fiutarono l’affare – il Mojito entra con prepotenza nelle carte cocktail dei grandi locali. Ghiaccio tritato, menta e lime pestato furono la fortuna del rum che – se dapprima era bianco per i cocktail – per i più facoltosi fu ben presto in variante con il rum scuro. Fu così che il grande pubblico scoprì il rum maturato in botte che si poteva bere anche solo, accompagnato con il cioccolato o meglio ancora con un sigaro per sentirsi come a Cuba. (foto sigaro di divisione?)

Fu il momento dei piccoli importatori, i selezionatori che ampliarono la gamma dei prodotti e degli affinamenti. Iniziò il collezionismo e grazie al patron della Velier, Luca Gargano, che nei mercati più esigenti arrivò il leggendario Caroni. La Storia racconta che Gargano, in viaggio con il fotografo Fredi Marcarini, arrivò a Trinidad e scopri centinaia di barili di Rum accatastati in un magazzino dismesso. Dopo l’assaggio si rese conto del grande valore, quindi decise di acquistare, far maturare in loco e imbottigliare con l’anno di distillazione, a percentuale alcolica piena, il prezioso rum. La distilleria che li aveva prodotti era appunto la Caroni, chiusa per volontà del governo, che decise di interrompere la produzione di Canna da Zucchero e quindi chiudere tutte le attività legate ad essa. (foto di Caroni di divisione)

Non vi racconterò come si produce il Rum ma è giusto ricordarvi che in etichetta possiamo leggere tre nomi differenti: Rum, Rhum, Ron. Che differenza c’è? Ognuno è legato ad un metodo di produzione e un territorio. Propriamente è legato al paese europeo che ha colonizzato quell’isola o quella regione, perché – nonostante il focus sia nei Caraibi – molti territori sono stati sotto la forte mano europea per parecchio tempo. Questa triplice distinzione non è un disciplinare ma potremmo definirla un’usanza, una linea guida che dà al consumatore un’indicazione preziosa. Ron: influenza spagnola, prodotto in distillazione continua da melassa (sottoprodotto della lavorazione dello zucchero di canna). Rum: influenza inglese, sempre in distillazione continua e da melassa. Questi due sono quelli che comunemente vengono chiamati Industriali. Rhum: influenza francese, distillazione discontinua da canna da zucchero. Questo è quello che comunemente viene chiamato Agricolo. In realtà questa divisione oggi è considerata superata a fronte di una più equa denominazione nei confronti del termine industriale. Non dimentichiamo che la storia del Rum nacque con la melassa e solo dopo molti anni si passò all’utilizzo diretto della canna da zucchero, precedentemente utilizzata per la produzione dello zucchero stesso. Le colonie francesi furono le prime a rendersi conto che non era più vantaggioso trasportare lo zucchero dai Caraibi fino alla madrepatria e quindi decisero di dedicare tutta la produzione al rum. Da qui l’accezione di Rum Agricolo per paesi di influenza francese e Rum Tradizionale per gli altri.

Ormai il Rum è stato rimpiazzato dal Gin per la sua duttilità, nonché per quella ecletticità del gusto che ben si sposa con le nuove proposte commerciali. Questo ha permesso al distillato caraibico di divincolarsi da logiche di mercato, lasciando al grande pubblico declinazioni più ammiccanti e al contempo riscattarsi, grazie ad una maggiore complessità nel bicchiere e a lunghi affinamenti per affidarsi a palati più esigenti. Il Rum resta comunque un prodotto difficile da decifrare con i, disciplinari poco chiari, che di certo non lo aiutano. Unico consiglio: degustate e non vi affidate alle mode!